venerdì 27 dicembre 2013

L'amabile Matisse

È incredibile a credersi come Matisse, amabile cucciolo di yorkshire, dia a noi umani lezioni di vita, di galateo, di norme da introiettare, sottolineando la relazione di diritto- dovere che lo lega alla sua padrona, metafora e metonimia della vita sociale e del rapporto tra genitori e figli.

Si deve aver rispetto dell’altro, amare ed essere generosi nella vita” proprio come scrive Tiziana Cazzato in Matisse a quattro zampe (Lupo Editore 2013): questa la morale che si evince dal testo il cui protagonista è appunto Matisse, che racconta in prima persona la sua storia. Adottato a una famiglia composta da due donne, il cagnolino è metafora di una vita vissuta in totale presenza di responsabilità, gioia di vivere, estro, eleganza, bon ton, una vita colorata dalla sua energia vitale, una vita che porta il nome del pittore Matisse, che quindi è degna di essere vissuta perché è come se il cane possedesse quella forza interiore che talora manca agli umani, che gli dà modo di cogliere l’esistenza in tutte le sfumature di colori.

Una favola bella che sprizza energia positiva da tutti i pori, una gioia di vivere inarrestabile in un racconto dallo stile amabile, elegante e di utile fruizione attraverso le parole di un cagnolino prezioso, affettuoso, rispettoso di sé e del prossimo: il cagnolino che tutti vorremmo avere.

Arriva questo piccolo cucciolo in casa di una signora e della figlia che chiama simpaticamente signorina Gambalunga. Qui Matisse si abitua volentieri perché si tratta di persone buone e affettuose e perché la madre gli ha insegnato che “i figli non appartengono ai genitori, ma che hanno il dovere e il diritto di costruire una loro vita”.
Il testo spiega cosa succede in una casa all’arrivo di un quattro zampe: gioia infinità, curiosità, allegria, soprattutto se quel cucciolo si chiama Matisse, simpatico, intraprendente, un po’ presuntuoso perché sa di non essere un cane qualsiasi, ma un cane nato per portare vita dove c’è apatia, rinascita spirituale dove le anime si sono addormentate; per questo decide di farsi giramondo.

Interessante libro che, come tutti i libri per l’infanzia della Lupo editore ,è adatto anche agli adulti, da leggere in famiglia per rafforzare il rapporto genitori-figli, a scuola per consolidare la relazione docente-discente, per famigliarizzare con il senso di responsabilità e con lo spirito di intraprendenza, col senso del buono, del giusto, dell’onesto, per uscire da questo deserto emotivo e ridare forza e fiducia alle umane relazioni.
Può essere così istruttivo un libro per l’infanzia? Io dico di sì. Questa è una prerogativa dei libri della Lupo editore: libri per l’infanzia adatti anche agli adulti, come avviene per l’altro libro che ho letto “Leopoldo” e di cui ne consiglio la lettura nelle famiglie e nelle scuole.
Matisse è come un bambino intelligentissimo che apprende subito i suoi doveri, ma vuole anche essere rispettato nella sua dignità, in una vita che, come l’ha raccontata lui, “sembra una leggenda”, una vita che tutti vorremmo vivere.

Un libro sui diritti-doveri, che insegna a rispettare animali, cose, natura, persone, spazi privati ed esterni.
Un libro che ridefinisce l’IO sottolineandone gli alti valori morali e il senso del Bene che trionfa in ogni pagina del libro, impreziosito dalle illustrazioni di Valentina D’Urbano

Giovanna Albi

giovedì 12 dicembre 2013

Vita da editor: Donatella Neri si racconta



Da molti anni sei editor Lupo Editore: descrivici il tuo ruolo.
Nella ormai datata collaborazione con l’editrice Lupo sono sempre stata una figura polivalente: in primis lettore delle proposte letterarie in arrivo con il compito di valutarne la validità, poi di effettuare eventuali interventi di editing e di curare la stesura della bandella, la scelta della quarta di copertina e la compilazione di una scheda libraria, se necessario. Oggi la casa editrice è in piena ascesa e la sua produzione è molto più ricca e articolata rispetto agli esordi; i lettori/valutatori sono diventati numerosi e alcuni di loro dimostrano passione e la sensibilità particolare che li renderà i futuri editor della Lupo, se lo vorranno. Al momento, quindi, oltre a svolgere le precedenti mansioni, magari dedicandomi ai casi più “critici” o al lavoro di autori che richiedono direttamente la mia consulenza, mi capita anche di fare da spalla a queste giovani leve o (come è avvenuto nel 2012), di offrire un servizio formativo.

Molto spesso l'editor viene confuso con il correttore di bozze. In cosa differiscono queste due figure?
Per un certo tempo ho svolto il lavoro di correttore di bozze, in gioventù, e credo che mi sia stato utile per capire quanto “occhio”, attenzione e pignoleria siano necessari per fare del libro stampato un buon prodotto. Si tratta di un’attività prettamente tecnica, ma di grande importanza: il correttore va a caccia di refusi, di spazi non rispettati, di maiuscole e minuscole al posto sbagliato ecc., perciò si occupa di aspetti formali che potremmo definire di superficie. Per non farsi sfuggire questi particolari deve leggere il testo sganciandosi dal suo significato, isolando la sua attenzione su micro-segmenti. L’editor, al contrario, ha un contatto più approfondito con la scrittura, deve ragionarci sopra, cogliere la sinergia tra senso e suono, considerare il ritmo narrativo e attivare in se stesso una serie di “corde” che devono entrare in risonanza con un’ampia gamma di aspetti.

Qual è stato il percorso che ti ha portato a diventare editor?
Come spesso accade, è stato il caso a guidarmi. Ero approdata alla Lupo come autore quando la convinzione delle potenzialità del progetto di Cosimo mi ha indotta a mettere a disposizione la mia esperienza. In realtà non avevo fatto nessuna “scuola” specifica, ma avevo alle spalle decenni di letture di ogni tipo e stile, collaborazioni a testi di generi diversi e, non ultima, una lunga carriera di insegnante nelle scuole superiori dove avevo tenuto spesso laboratori di scrittura creativa. Potrà sembrare strano, ma l’allenamento alla correzione degli elaborati dei miei allievi, che ho effettuato sempre con l’unico obiettivo di valorizzare le loro capacità espressive, si è rivelato un indubitabile fattore di competenza nell’attività di editor. In sintesi, il mio non è stato un percorso canonico, parlerei piuttosto dello spontaneo evolversi di una vocazione alla lettura e alla scrittura.

Quali competenze deve avere un editor?
Il discorso rischia di essere lungo, a voler essere esaurienti… dirò solo che, oltre ad essere un buon lettore, un editor deve essere un ottimo ascoltatore. Calvino, che fece l’editor a lungo, sottolineava l’importanza di questo aspetto professionale ricordando che l’affabulazione è la base del “raccontare storie”. Quando si lavora su un romanzo è quindi buona cosa leggere e rileggere a voce alta, o almeno far risuonare mentalmente quanto si legge, per verificare la “tenuta” narrativa della scrittura. Poi saranno le conoscenze linguistiche (che naturalmente devono essere più che solide) a suggerire una sostituzione lessicale, un costrutto più agile, un aggettivo in più o un avverbio in meno; naturalmente sto parlando di interventi di potenziamento nel caso di un testo che sia sostenuto da un’idea valida e da una scrittura ben strutturata… quando comincia a mancare anche una sola di tali caratteristiche, il lavoro che si prospetta è molto più impegnativo. È bene precisare che l’editor rappresenta il lettore ideale di quella narrazione e come tale individua i punti forti e i punti deboli del testo per permettergli di trasmettere il suo messaggio nel modo migliore; si tratta quasi di un’operazione maieutica, ed è l’aspetto di competenza più affascinante di questo mestiere. Nonostante i numerosi pregiudizi in merito, quello dell’editor è un lavoro estremamente creativo.

Quali sono i diversi passaggi di un editing?
Credo di aver in parte già indicato una buona fetta del lavoro di editing parlando delle competenze, che tuttavia ovviamente non sono limitate al campo linguistico. Dopo un primo aggiustamento della forma, l’editor deve occuparsi della coerenza della storia, dei profili dei personaggi, dell’ambientazione… deve eventualmente segnalare all’autore le possibili incongruenze (ad esempio riguardo ai luoghi o ai tempi in cui è collocata la vicenda) e verificare che in nessun punto del racconto sia stata tradita la cosiddetta legge di Coleridge, quel patto di sospensione dell’incredulità che si crea tra autore e lettore, in nome del quale la fruizione di un’opera diventa un’esperienza godibile. Se questa legge viene elusa, il rapporto tra autore e lettore viene irreversibilmente compromesso; per fare un esempio di basso profilo ma efficace, accade come quando in un film storico si scopre che il legionario porta al polso un Rolex: la caduta nel ridicolo manda a catafascio tutto! Dunque, una volta controllati ed eventualmente corretti tutti questi aspetti (comprese le date e/o i riferimenti a precisi eventi reali che possono essere citati nella narrazione), si conclude con l’ultima revisione formale per procedere alle rifiniture. Non è difficile comprendere che si tratta di un lavoro lungo e paziente, ma l’editor è al servizio del libro e lo deve curare al meglio…

A volte l'editor rischia di intaccare lo stile di un autore. Come si può riconoscere uno stile e non influenzarlo con il proprio?
Un grande lettore riconosce subito uno stile, o gli echi di un modello letterario, poiché può attingere all’immenso bagaglio di scritture incontrate e analizzate; quando parlo di “grande” lettore non mi riferisco infatti solo al considerevole numero e alla varietà di opere lette, ma anche al fatto che ogni libro può essere letto e riletto, proprio come si ascolta più volte un brano musicale, rivelando a distanza di tempo spessori di contenuto o di stile che in un primo momento erano stati forse oscurati da una storia appassionante. Queste conoscenze fanno sì che un editor sia abituato ad apprezzare stili diversi senza “sposarne” nessuno, pur esprimendosi in un suo modo quando scrive. Ma, appunto, il fatto di essere autori va del tutto messo da parte quando si svolge il ruolo di occhio esterno sull’opera altrui, in quel momento bisogna attivare la capacità di adeguamento alla scrittura sulla quale si sta lavorando; un bravo editor è un camaleonte, se non fosse tale non riuscirebbe a ottenere l’effetto di armonia e coerenza espressiva che può fare il successo di un libro, si noterebbero subito le dissonanze tra lo stile dell’autore e il suo.

C'è chi dice che un editor debba essere un bravo psicologo e chi pensa che debba averne uno buono, che cosa ne pensi? Qual è il tuo rapporto con gli autori?
Essere bravi psicologi è necessario soprattutto quando il rapporto con l’autore prevede di seguirlo step by step, ovvero quando l’autore sente il bisogno di confrontarsi periodicamente con l’editor durante la composizione di un romanzo per ricevere conferme o chiedere input stimolanti, come per superare gli inevitabili momenti di crisi che possono rallentare o intralciare il suo lavoro creativo. L’incoraggiamento esterno è importante, perché il parere di amici e parenti (pure cercato) non appare affidabile. Devo dire che gli autori Lupo con i quali si è creato questo contatto privilegiato non sono molti, ma il rapporto con loro è di vera e propria amicizia: si tratta di persone che hanno colto perfettamente il mio atteggiamento di onestà intellettuale. Nella maggioranza dei casi, però, non ho un reale contatto con gli autori se non attraverso la lettura del loro lavoro… anche se è accaduto recentemente che alcuni mi abbiano scritto dopo aver letto la scheda di valutazione che avevo stilato per loro. Bisogno di uno psicologo? Forse… ma solo quando si ha a che fare con principianti che si credono geni della penna o quando ogni proposta di correzione viene respinta puntualmente con spirito polemico: entrare in dialogo con atteggiamenti autoreferenziali, con l’incapacità di capire che si sta operando a vantaggio del “tuo” libro, a volte richiederebbe qualche suggerimento specialistico…

Raccontaci la tua più bella esperienza di editing.
Mi risulta difficile scegliere una esperienza di editing come la più bella, sia perché non vorrei far torto a nessuno sia perché ogni esperienza presenta delle peculiarità che la rendono unica e “bella” a modo suo. Mi piace però parlare, senza fare nomi, dello stupendo rapporto che da più di un anno mi permette di seguire passo passo il lavoro di una giovanissima promettente scrittrice: di fatto la sto vedendo crescere, e constatare i progressi della sua scrittura nell’evolversi della personalità e nell’intelligenza con la quale accoglie i suggerimenti mi soddisfa molto. Una gratificazione particolare, poi, mi è giunta da una nota autrice Lupo che scrive per l’infanzia, settore con esigenze tutte sue al quale sono particolarmente legata: sentirmi dire che i miei interventi (peraltro “sottili” e mirati alla fascia d’età degli utenti) avevano trasformato un prêt-à-porter in un capo d’alta moda mi ha davvero fatto piacere!


(L'intervista è a cura di Enza Melileo)



* Donatella NERI

Nata a Firenze nel 1947, è cresciuta in Friuli e si è laureata in Filosofia a Padova per poi dedicarsi all’insegnamento nelle scuole superiori, alla ricerca e alla scrittura.
Nel corso della sua lunga permanenza in Salento ha tenuto laboratori di scrittura creativa per studenti, ha collaborato alla stesura di copioni teatrali e affinato l’esplorazione dei linguaggi, per approdare infine alla Editrice Lupo in qualità di autore, editor e consulente.
Da sempre vicina al mondo degli illustratori, ha curato in particolare l’introduzione di Compare gallo e la sua storia (Ivan Trinko – Alessandra D’Este, 2006) e la presentazione dell’opera di Luisa Tomasetig per la mostra “Viaggio fantastico nel mondo dei bambini” (Portogruaro, apr. 2010).
Il gusto della sperimentazione l’ha guidata verso diverse forme espressive, prediligendo la scrittura per ragazzi ma guardando sempre al bambino che si nasconde nell’adulto. Sue sono le filastrocche Amori lupeschi e Le babbucce dell’Uomo Nero, apparse nei numeri sperimentali della rivista UnDueTreStella (Lupo Editore). Ha pubblicato: La casa antica, Ribis Editore, 1995; Una riflessione al giorno, per l’Avvento e per tutti i giorni dell’anno (ill. Alessandra D’Este), A.G.F., 1999; Gigi e le stagioni (ill. Katiuscja Dimartino), Lupo Editore, 2006; Abecederbario, storie e leggende dal bosco e dal prato (ill. Marisa Moretti), Lupo Editore, 2007.

sabato 7 dicembre 2013

Cronache marziane. Racconti da Più Libri, Più Liberi [2]

Giornata intensa quella di oggi alla Fiera della piccola e media editoria di Roma. Più Libri Più Liberi, infatti, oltre a registrare un notevole aumento di presenze rispetto alla giornata di ieri, è stata il palcoscenico per una serie di incontri professionali che hanno tracciato, nel loro complesso, il quadro dell'editoria del futuro. Io c'ero e ho preso parte a un tour de force durato quattro ore.
Si è partiti alle 11,00 con il workshop Dateci credito! un incontro promosso da Aie, che ha dato spazio e voce a Guglielmo Belardi, di Medio Credito Centrale, e Alessandro Messina, della Federazione italiana delle Banche di Credito Cooperativo. Al centro del dibattito il doloroso problema dell'accesso al credito per le piccole imprese editoriali, le quali si vedono negati finanziamenti e prestiti per via delle numerose sofferenze che da tempo pesano sui bilanci delle banche italiane. Non pare esistere una soluzione in questo senso, almeno in questo momento e a detta dei due ospiti, ma da tempo, tuttavia, sono in atto nuova strategie di finanziamento che trovano la loro massima espressione nel crowdfunding.
L'incontro organizzato da Meta, società operante nell'Information Technology e da tempo dedita all'editoria multimediale, si è invece incentrato sul tema Guadagnare con il digitale. I relatori hanno cercato di tranquillizzare sul futuro catastrofico che da tempo viene descritto per l'editoria nostrana, soprattutto quella cartacea. L'invito è a guardare a questo come un momento entusiasmante che chiama a nuove sfide e invita l'editore a diventare un mestiere di testa e non solo di cuore. Le nuove sfide per gli editori riguardano soprattutto la loro capacità di guardare al mercato, di aspirare a nuove creatività e di favorire strategie di collaborazione e sinergia nel mercato digitale, il quale dovrà essere imperniato su 4 must: il ripensamento dei contenuti, la centralità del lettore, la risposta al crescente bisogno di socializzazione e a quello di ubiquità. Come tutto questo può diventare concretezza? Attraverso un abile sfruttamento delle piattaforme digitali, come per esempio quella di Ubilibrary.com, la quale potrà offrire soluzioni di business alla piccola e media editoria, grazie alla creazione di stanze virtuali in cui il lettore interagirà con i prodotti editi e con gli altri utenti.
Il tema è stato ripreso nell'incontro successivo, quello dedicato alla Guida pratica dell'editoria 2.0 con Stefano Quadraro e Fabio Rocchini, i quali ci hanno aiutato come è possibile promuovere libri attraverso i social. Certamente al centro dei processi di promozione oggi non può mancare una considerazione del ruolo e della voce del lettore, il quale deve essere coinvolto e intervenire fattivamente nel processo di diffusione dei contenuti. Oggi, più che mai, è necessario definire un piano editoriale anche in merito al posizionamento delle case editrici su Facebook o su Twitter: non è più possibile lanciare contenuti che non siano stati programmati e non è più possibile farlo senza tenere il passo dell'interazione con questi contenuti, sollecitandola laddove langue. Ciò che caratterizzerà maggiormente il futuro dell'editoria sul web sarà il social commerce, una nuova forma di commercio online che sfrutta il potenziale di blog, community e social per consentire una maggiore interattività.
E se queste proposte non erano sufficienti, quelle "folli", a detta di Marco Zapparoli, sono state lo sprone a un'editoria audace e intraprendente. Il patron di Marcos y Marcos ha preso parte a un incontro insieme a Daniele di Gennaro, di Minimum fax, e Pietro Biancardi di Iperborea, dedicato a Nuove iniziative per tempi difficili. La tavola rotonda ha rappresentato l'occasione per presentare nuovi modalità di promozione della casa editrice e della cultura che ruota attorna a essa, partendo dal presupposto che l'editore non è un produttore di libri, ma un catalizzatore di passioni, come ci ha ricordato Biancardi. Tra le proposte innovative suggerite dai tre editori non mancano i Bookparty di Minimum fax, occasioni per ascoltare il lettore e i suoi bisogni; l'integrazione con altre forme di cultura, come quelle promosse da Iperborea; e, infine, quelle stravaganti di Marcos editore che vanno dalla letteratura rinnovabile, che parte dai testi classici per produrre qualcosa di nuovo, alla capacità di fare rete, come per esempio per l'iniziativa Letti di notte.
Insomma, una giornata davvero ricca di spunti e suggestioni per i piccoli editori nostrani e soprattutto l'incoraggiamento a non gettare la spugna, ma a cogliere le nuove sfide che la modernità mette in campo.
Ci prepariamo a una nuova giornata di Fiera che si preannuncia ricca di visitatori.

giovedì 5 dicembre 2013

Cronache marziane. Racconti da Più Libri, Più Liberi [1]

È ufficialmente partita oggi (nonostante le numerose iniziative collaterali che da tempo animano la città) la XII edizione di Più Libri, Più Liberi, la Fiera della piccola e media editoria italiana che si tiene al Palazzo dei Congressi a Roma in zona Eur.
Sguinzagliato come segugio, vi racconterò quello che i miei occhi riusciranno a vedere e quello che le mie orecchie riusciranno a sentire di questa kermesse capitolina dedicata all'editoria nostrana. Non starò qui a enumerarvi tutte le iniziative e le sezioni della Fiera, che potete facilmente consultare all'indirizzo e-mail http://www.piulibripiuliberi.it, ma mi piace coinvolgervi in questa esperienza di bagno di libri e di idee fresche e innovative per quella branca dell'industria culturale italiana che tanto fatica a emergere e tanta attenzione merita.
Sono arrivati a Roma nel primo pomeriggio, complice un servizio di trasporti non facile e per la mia provenienza (a Ciampino ho dovuto attendere più di un'ora per prendere una navetta che mi portasse al centro) e per il traffico congestionato dell'Urbe e per le sue linee di autobus non sempre solleciti.
Arrivato alla sede dell'esposizione, grazie anche alla bella iniziativa della Linea Libri, la navetta dedicata che parte ogni 15 minuti dalla fermata della metro Eur Fermi, sono subito entrato nello spirito della manifestazione e colto da un'irrefrenabile voglia di acquisti. Quella dei nuovi ambulanti dell'editoria che sul piazzale del Palazzo dei Congressi hanno voluto a tutti i costi che il sottoscritto acquistasse un libro di racconti africani per bambini (l'iniziativa parte da alcune cooperative legate ad alcune case editrici che si dedicano alla promozione della cultura attraverso anche l'offerta di lavoro agli immigrati: Terre di Mezzo, Gruppo Solidarietà Come, etc.). Acquistato il mio piccolo volumetto, (perché visitare la Fiera senza un minimo di spirito solidale, vanifica il nostro impegno) sono finalmente riuscito a ritirare il mio pass "Operatore professionale" e accedere al caleidoscopico e immane ventaglio della piccola editoria italiana, sfoderata lungo svariati corridoi a costituire un dedalo che la dice lunga sullo stato della nostra industria.
Sono riuscito ad accedere giusto in tempo all'incontro in Sala Rubino dal titolo La funzione editoriale con Riccardo Cavallero, Direttore Generale delle Edizioni Mondadori, e Sandro Ferri, editore fondatore di e/o Edizioni. L'interessante dibattito a cui Cavallero e Ferri hanno dato vita ha proiettato l'editoria italiana, soprattutto quella minore, nell'immediato futuro, se non presente, nel quale tra gli obiettivi principali c'è quello di uscire dal tunnel della crisi. I punti cardine della discussione possono essere riassunti in alcune parole chiave:
-sistema: la necessità per l'editoria italiana di fare sistema soprattuto in ambito digitale e dell'innovazione in genere;
-quantità: è un falso problema perché libri se ne produrranno sempre di più, ma deve cambiare - e succederà - il modo di fare i libri perché finalmente potremmo fare affidamento sull'analisi dei dati che ci aiuterà a comprendere il portato di un testo in digitale e valutarne la sua produzione cartacea;
-innovazione: non può essere tecnologica, ma soprattutto editoriale, nel senso che bisogna trovare nuove forme per «far tenere in mano un libro al lettore» e permette a questo di interagire e discutere con altri lettori e con gli editori;
-integrazione: tra cartaceo e digitale, senza che l'uno prevarichi l'altro o soccomba scomparendo;
-rifondazione: di una nuova società culturale che faccia perno sull'editoria e sull'informazione.
Obiettivi alti quelli posti da Cavallero e Ferri, che non voglio assolutamente giudicare in questa sede perché attendo il confronto con gli altri incontri dei prossimi giorni.

E intanto cala la notte su questa prima giornata di Più Libri, Più Liberi. L'appuntamento è per domani. Seguiteci!